giovedì, ottobre 02, 2008

Roberta Bertozzi

Nel 1880 Evariste-Vital Luminais dipinse un quadro intitolato Les énervés de Jumièges. La tela ritrae due giovani distesi su una barca, avvolti in una coperta e con le caviglie fasciate; sulla prua un piccolo altarino funerario con una bugia accesa. Secondo la leggenda che sta a matrice dell’opera i due figli del re Clodoveo II, colpevoli di aver tramato contro il padre, furono puniti con la bruciatura dei tendini delle gambe e abbandonati su una zattera alla deriva lungo la Senna. Nel suo significato primario il termine “snervato” indicava qualcuno a cui erano stati tolti o tagliati i nervi, diventando così apatico, incapace di reazione. Nella disciplina della macellazione l’enervazione consiste nella recisione del midollo spinale, prassi idonea a provocare più velocemente la morte degli animali.

Gli enervati di Jumièges
da (I. la manifattura)

Nel letto del fiume, nella venatura,

dove s’intorbida

il linguaggio mai sperimentato
e quello che avremmo potuto farne,
prendere il bivio dallo stesso
collo d’utero:

«Amnios, ti dico, e prima un sodo

che non c’è un paragone! (ti tiro per i polsi
e curvi e vieni senza frenare)

Poi il gran decollo… la vasca rotta…
poi non me lo ricordo…»

La glicerina sull’acquitrino e tu adagio
(sollevi la testa, fai perno sul fianco) vieni
e dilania il tendine, la postura
cede alla corrente come un nastro – riavvolta
la pellicola del tempo.

Così l’oblio, così è regolare
letargia
questa sequenza senza congedo:
nasce l’uomo che non è ancora chiaro
e così continua nel nastro – nel sogno io
che disciolto in acqua risalivo
in negativo il rigagnolo di amnios
a ritroso l’antibiotico e fermavo il seme
prima del suo farsi segno.

L’alba, per qualche istante si fruga l’incisione
le dita spulciano la patria prima
di separazione – usi le forbici

come il patto di chiarezza di un film in bianco e nero
(per qualche istante al giorno
il tuo colore ha stanchezza di portare
l’intero della luce)

ripassiamo per l’affilatura

la lama, un tornio

«Ti faccio male così?»

Premuta sul mantello della carne cedi
all’apnea, ruoti in altra anticamera,
per il traino
i tendini-vettori spingono la freccia,
l’urlo, il falco

(nella tua trasfigurazione l’orbita sfitta

dell’oppio) «Ti fa bene…
sta fermo… prendilo tutto…»
l’alba, il flusso idrofilo del fiume,

il sangue a fiotto.

Il coltello scava le sue urne di piacere
e ti storce l’occhio
a quel cielo impraticabile in fronte
giurisdizione
di argille smottate
per San Lorenzo infiammato
non rubato spazio – arco

(tu che riprendi la catena

la tua manifattura)
solido dolore – confezione
claustrum
senza passione.


Roberta Bertozzi è nata a Cesena nel 1972. Collabora con il mensile “Poesia” e con diverse riviste letterarie. Ha pubblicato la raccolta di poesie Il rituale della neve (Raffaelli, Rimini 2003) e, per lo stesso editore, nel 2004 la plaquette levatrice. Nel 2007 per la casa editrice peQuod di Ancona è uscito il libro di poesia Gli enervati di Jumièges. La sua attività critica e poetica è archiviata sul sito http://www.interno38.it/


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