L’interruttore del buio
Un interruttore del buio ha “spento” l’uomo.
Nei corridoi tra urine, feci e dolore uomini con la paura del buio.
Un buio come un nulla.
L’istituzione totalizzante del manicomio ha annullato, ha spento, un po’ come un interruttore migliaia di persone. La logorante e involutiva vita del manicomio, con i suoi ritmi sempre uguali, anonimi, amorfi e ritualizzati è stata fino al 1978 anno dell’approvazione della Legge 180 detta Basaglia una sorta di lager dove il malato mentale veniva confinato lontano da tutti.
Gli veniva tolto ogni forma di dignità, di contatto umano. I rapporti con l’esterno non erano più possibili, grate, sbarre, reti, dividevano il “normale” dal matto.
Adesso a distanza di trent’anni, quelle strutture ormai fatiscenti trasudano ancora le lacrime, le urla strazianti placate dalle inumane terapie elettriche.
Tra mura screpolate, finestre in frantumi, resti di passato, di vite, ho intrapreso un viaggio fotografico alla riscoperta di una verità molto spesso sottaciuta, una verità che la mia generazione non ha vissuto.
Per non dimenticare, perché i fatti non si ripetano, in un silenzio assordante ho fermato il tempo con la mia macchina fotografica.
Ho ripercorso strade, ho passeggiato tra stanzoni, negli stessi corridoi.
Ho guardato con nuovi occhi, quelle mura screpolate e vi ho letto le vite.
Tra le pagine del graffito di Oreste Nannetti, a Volterra, tra le porte blindate dell’O.p.g. di Reggio Emilia, passeggiando tra le pagine delle “Libere donne di Magliano” del Prof. Tobino a Maggiano Lucca, oppure tra li scorci di mare a Pratozanino. Ho catturato la luce affinchè “l’interruttore del buio” non possa più spengerla.
G.Saviozzi
Un interruttore del buio ha “spento” l’uomo.
Nei corridoi tra urine, feci e dolore uomini con la paura del buio.
Un buio come un nulla.
L’istituzione totalizzante del manicomio ha annullato, ha spento, un po’ come un interruttore migliaia di persone. La logorante e involutiva vita del manicomio, con i suoi ritmi sempre uguali, anonimi, amorfi e ritualizzati è stata fino al 1978 anno dell’approvazione della Legge 180 detta Basaglia una sorta di lager dove il malato mentale veniva confinato lontano da tutti.
Gli veniva tolto ogni forma di dignità, di contatto umano. I rapporti con l’esterno non erano più possibili, grate, sbarre, reti, dividevano il “normale” dal matto.
Adesso a distanza di trent’anni, quelle strutture ormai fatiscenti trasudano ancora le lacrime, le urla strazianti placate dalle inumane terapie elettriche.
Tra mura screpolate, finestre in frantumi, resti di passato, di vite, ho intrapreso un viaggio fotografico alla riscoperta di una verità molto spesso sottaciuta, una verità che la mia generazione non ha vissuto.
Per non dimenticare, perché i fatti non si ripetano, in un silenzio assordante ho fermato il tempo con la mia macchina fotografica.
Ho ripercorso strade, ho passeggiato tra stanzoni, negli stessi corridoi.
Ho guardato con nuovi occhi, quelle mura screpolate e vi ho letto le vite.
Tra le pagine del graffito di Oreste Nannetti, a Volterra, tra le porte blindate dell’O.p.g. di Reggio Emilia, passeggiando tra le pagine delle “Libere donne di Magliano” del Prof. Tobino a Maggiano Lucca, oppure tra li scorci di mare a Pratozanino. Ho catturato la luce affinchè “l’interruttore del buio” non possa più spengerla.
G.Saviozzi
3 commenti:
Un interruttore del buio ha “spento” l’uomo.
...quando il buio viene dal di dentro è difficile vedere la luce.
kiino
Un interruttore del buio ha “spento” l’uomo.
...è difficile vedere la luce quando il buio viene dal di dentro.
kiino
non e' mica cambiata.
Posta un commento