Acide Lacrime
di Giacomo Saviozzi
musiche di Sergio Sorrentino
La situazione contingente fa scivolare il soggetto in una
dimensione remota e irraggiungibile, a cominciare dall’accentuazione estrema
della finzione scenica percepita nella realtà concreta.
Sono i protagonisti dei non-luoghi di Giacomo Saviozzi,
sospesi tra un sereno sentire umanistico- carnale, e l’emergenza di un dramma
opprimente che dilata l’incedere temporale. Fra surrealismo, espressionismo
estremo, naturalismo palpabile, piccoli films riassunti dalla loro scena
saliente, dipinti da aperture di luce
nel buio, da colori e dinamiche coinvolgenti, ma che “non scaldano” lo
spettatore. Una virata neo-retrò, in cortocircuito con il distacco emozionale
del contemporaneo, dove la proliferazione di immagini
accattivanti ha come contropartita l’azzeramento fatale dell’etica, ad un
silenzioso pianto che scivola su una barriera trasparente, eppure impalpabile,
di solitudine inascoltata, trasportata inesorabilmente lontano,
dall’indifferenza e dall’oblio della memoria. Resta la poesia di una
performance sottilmente inquietante, costruita lungo le diagonali
intersecantisi di azione scenica e vuoto interiore.
Elena Capone
A Querceto, nel 2014, vengo invitato a tenere una
masterclass di chitarra. A Querceto scopro l’arte fotografica di Giacomo
Saviozzi, ed una sintonia con lui che va oltre il lavoro. Giacomo mi parla
della sua mostra imminente, fatta di ritratti tra gocce di pioggia, dietro ad
un vetro. Nel 2011 avevo dedicato un intero CD al tema della pioggia. E non
potevo fare altro che assecondare questa incredibile sintonia scegliendo alcune
tracce del disco in qualità di colonna sonora della mostra e scrivendo una
breve introduzione riguardo all’interazione tra le foto di Giacomo e la mia
musica:
C’è tutto un mondo dietro la finestra.
Le gocce di pioggia ci urlano la separazione tra noi e quel
mondo.
C’è il mondo di personaggi trasfigurati, decolorati e
ridipinti
C’è il mondo fatto di scene assurde, attimi irreali, urla
interiori.
E dietro la finestra riusciamo a scorgere tutto questo,
quasi inconsapevolmente.
Dietro la finestra ci sono anche i suoni. I suoni di ricordi
lontani e di piogge ipnagogiche.
La chitarra viene trasfigurata, decolorata, ridipinta.
La chitarra si fa pioggia, tuono, lampo
La chitarra si fa tristezza.
La chitarra evoca quel mondo.
Aspettando che le gocce evaporino, lasciandoci finalmente da
soli.
Sergio Sorrentino
Vercelli, 15 luglio
2014
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