Le rappresentazioni avvenivano su palchi fissi o mobili con scenografie elementari, i copioni erano in linguaggio popolare e gli argomenti rispettavano la vita e la fantasia delle platee di fedeli a cui si rivolgevano.
A Campobasso come descrive Michelangelo Ziccardi e Luigi Alberto Trotta non troviamo immagini dialogate ma "QUADRI VIVENTI" muti che rappresentavano i momenti di vita della chiesa, in posizioni statiche e senza dialoghi. Una sorta di CULTURA DELLA VISIONE dove l’immagine diventa rappresentazione del vero, attimo di cronaca, ma soprattutto comunicazione biunivoca tra quadro vivente ed osservatore.
La parola non serve per comunicare l’avvenimento, basta la staticità del personaggio a comunicare al fruitore i sentimenti e il "pathos" dell’avvenimento e a sua volta l’osservatore comunica la sua emotività, il suo "attimo fuggente" ai personaggi che fanno parte del quadro vivente creando un dialogo fatto di gesti e di sguardi.



























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