venerdì, febbraio 16, 2007

Come Sc’vèik fu cacciato dal manicomio


Come Sc’vèik fu cacciato dal manicomio
da il “buon soldato Sc’vèik” di Iàroslav Hàscek



Quando in seguito Sc’vèik raccontava la sua vita al manicomio, lo faceva in termini straordinariamente entusiastici: “Non riesco proprio a capire perché i pazzi s’arrabbino a stare rinchiusi. Li la gente può rotolarsi in terra tutta nuda, urlare come uno sciacallo, fare le furie e dar morsi. Se si facesse qualcosa di simile a passeggio, tutti resterebbero stupefatti: lì invece è la cosa più naturale del mondo. Là dentro c’è tanta libertà, che non se la sognano nemmeno i socialisti. Lì una persona può farsi passare per Domineddio o per Maria Vergine, per il Papa, o per il Re d’Inghilterra, per sua Maestà l’Imperatore o per San Venceslao, quantunque ques’ultimo fosse sempre nudo o lo tenessero in isolamento perché pazzo furioso. C’era pure un tipo che diceva d’essere arcivescovo, ma lui non faceva altro che mangiare, e anche qualche cos’altro, con vostro rispetto, che voi sapete bene come fa rima, e senza che nessuno si vergognasse per questo. Poi c’era uno che diceva di essere i santi Cirillo e Metodio, pur d’avere doppia nazione. E un altro signore pretendeva di essere gravido e invitava tutti quanti al battesimo….


Il più furioso era un signore, che diceva d’essere il tomo decimosesto del Vocabolario Otto, e supplicava tutti quanti perché lo sfogliassero e vi cercassero la voce: “rilegatrice”, altrimenti sarebbe satto perduto. E si calmava soltanto quando gli mettevano la camicia di forza. Allora era tutto contento di trovarsi finalmente sotto il torchio a stampa e supplicava di fargli una rilegatura moderna. Ma per lo più si viveva come in paradiso. Al manicomio voi potete stridere, urlare, cantare, piangere, gemere, muggire, saltare, pregare, far capriole, camminare a quattro zampe, saltellare su un piede, fare il girotondo, ballare, galoppare, stare per terra tutto il giorno e arrampicarsi sui muri. Nessuno verrà a dirvi: Signore queste non sono cose da farsi, non è decente: lei si dovrebbe vergognare; è così che si comporta una persona bene educata? Ma a dire il vero là dentro si trovano anche dei pazzi molto quieti. Tale era il caso di un inventore molto ben educato, che si ficcava le dita nel naso e gridava una volta ogni ventiquattr’ore:” Ho scoperto in questo momento l’elettricità! Vi ripeto che si stava d’incanto, e quei pochi giorni trascorsi al manicomio restano fra i più belli della mia vita.”




Effettivamente le accoglienze riservate a Sc’vèik dal manicomio dove fu trasferito in osservazione dal tribunale penale superarono ogni sua aspettativa. Prima lo spogliarono e lo denudarono, poi gli dettero un accappatoio e lo portarono a fare un bagno, sorreggendolo confidenzialmente sotto le ascelle, e nel frattempo uno degli infermieri lo rallegrava raccontandogli delle storielle ebraiche. Nella sala da bagno lo tuffarono in una vasca d’acqua calda, poi lo tirarono fuori e lo misero in una doccia d’acqua fredda. Poi lo rifecero tre volte da capo e gli chiesero se gli piaceva. Sc’vèik disse che lì si stava meglio che hai bagni pubblici del Ponte Carlo che a lui piaceva molto bagnarsi. “ se mi taglierete ancora le unghie e i capelli, non mi mancherà più nulla perché la mia felicità sia perfetta” soggiunse con un sorriso di simpatia.

Il suo desiderio fu esaudito, e dopo che gli ebbero strofinato la pelle come si deve, lo ravvolsero in un lenzuolo, e lo portarono su un letto del primo reparto, dove lo misero a giacere, gli stesero una coperta e lo pregarono di addormentarsi.
Sc’vèik racconta ancora la cosa con tenerezza:
“Figuratevi che m’hanno portato, quello che si dice portato, e mi pareva di toccare il cielo con un dito.”


E si addormento sul suo letto con vera beatitudine. Più tardi lo svegliarono per offrirgli una tazza di latte e un panino. Il panino era tagliato a fettine, e mentre che uno degli infermieri teneva Sc’vèik per entrambi le mani, l’altro inzuppava le fette di pane nel latte e lo imboccava come un oca da ingrassare. Dopo che l’ebbero nutrito, lo presero sotto le scelle e lo condussero alla latrina, perché soddisfacesse i suoi piccoli e grandi bisogni corporali.
Il racconto che Sc’vèik fa ancora di quel momento è pieno di tenerezza, ma io non posso assolutamente citare le sue parole a proposito di ciò che in seguito gli fu fatto. Posso soltanto dire che Sc’vèik conclude sempre così: “ E nel frattempo uno di loro mi teneva in braccio!”



…I medici delusi gli rilasciarono un certificato da cui risultava ch’egli era “un simulatore debole di mente”. Ma siccome lo cacciarono fuori prima del pranzo, successe un piccolo incidente: Sc’vèik protestò dicendo che il fatto che si congedi uno dal manicomio non è una buona ragione per lasciarlo senza mangiare.
Un agente chiamato dal portiere mise fine allo scandalo, e accompagnò Sc’vèik al commissariato di polizia di via della Salma.





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