venerdì, febbraio 21, 2014

lettura immagini: Antonio Perrone



Partendo dal titolo suggerito dall’autore, Antonio Perrone “ognuno per la sua strada” mi viene da pensare al distratto andare delle persone. 

Una foto street, e per street non intendo fatta in strada ma colta al volo, guardandosi intorno osservando ciò che ci circonda. Uscire con la macchina fotografia significa portarsi dietro una sorta di “registratore” d’immagini, di pensieri. 
L’esposizione lunga ha penalizzato un po il cielo dove si vedono “accenni” di nuvole e questo non è un male. Un cielo carico anche se non dominate in questo fotogramma avrebbe distolto attenzione da ciò che vuole essere il soggetto o i soggetti; due figure che in una giornata uggiosa , un inverno di periferia che camminano “ognuno per la sua strada”. 

Il titolo lo trovo abbastanza evocativo anche se leggermente una forzatura considerato l’assenza di strada, è una piazza. Ma poco importa qui si sta parlando di “strada” metaforica. Quasi di scelte esistenziali. Due persone con passi diversi, una che incede signorilmente con cappello, bastone e ombrello al braccio. L’altra più di fretta, con un mosso più accentuato che sembra voler “fuggire” dentro la porta, metafora questa d’altro. Fotografia interessante dal punto di vista evocativo penalizzata però dall’uso di un ottica corta più adatta forse ad esaltare il paesaggio circostante. Le due figure sono inserite in un contesto con molti elementi che così composti diventano di disturbo. La figura che “corre” dentro la porta tende a confondersi nel nero della finestra, poco evidente per come disposta nello spazio. La regola dei terzi vorrebbe fa cadere lo sguardo sulla fontana disposta a destra su di un terzo e di contrappunto sulla figura più nitida disposta nella piazza. Trovo che sarebbe stata una foto più interessante, con un diverso messaggio se tu ti fossi concentrato più sulla figura di sinistra, per il suo incedere, per il suo abbigliamento. Il mosso rende dinamicità ad immagine altrimenti statica e banale e riprende l’andare accennato nel titolo. Ho l’impressione però “leggendo” l’immagine che il titolo sia frutto di un’applicazione successiva perché noto una maggiore attenzione alla composizione “architettonica” e non ai due soggetti. Lavorando probabilmente sulla figura di sinistra, cercando di escludere gli elementi contemporanei, come l’auto, sarebbe stata una foto senza tempo, o meglio novecentesca. 
Il BeN non è male, ben “sviluppato” ma privo di carattere. Se il titolo fosse stato “piove” sicuramente avrebbe funzionato meno senza un cielo caratterizzato. Il titolo guida, condiziona, molto nell’osservazione di questa immagine che priva di condizionamento sarebbe scivolata nella banalità di una quotidiana scena invernale in provincia. Salvo “buttare” distrattamente lo sguardo a sinistra e accorgersi che poteva esserci altro. 

Giacomo Saviozzi


lettura immagini: Catalina Filip

Alcuni anni fa mi trovai a "leggere" una fotografia di Catalina Filip sulle pagine del forum di Micromosso



Adesso a distanza di anni leggere queste parole mi pare strano perché nel frattempo Catalina è diventata una splendida fotografa, una bravissima artista e nel parlare adesso di lei ho un ammirata reverenza.

La foto che propose è talmente lontana da cio' che adesso è che a guardarla fa tenerezza come vedere i primi passi incerti di un bambino prodigio.

Ecco ciò che scrissi allora:
La foto che mi fai vedere è strana. Non dico che non mi piaccia. La trovo strana. Ha il sapore dei "vecchi" scatti pur essendo evidente che vecchio non lo è. Uno scatto in stazione, o metro, dove le persone "corrono" , sono assorte nei loro viaggi. Partono, tornano, sono felici per il ritorno, tristi per le partenze. Questo secondo me è una stazione. Un concentrato di emozioni. Penso sia uno dei luoghi dove le persone sia amino di più. Vedi giovani coppie scambiarsi baci appassionati, tardare nell'abbraccio prima dell'addio. Persone con facce luminose che rientrano dai cari, in fretta con il cuore in gola. Se per me la stazione è questo in questa fotografia non riesco a coglierlo. E' noto che non si possono fotografare i volti in stazione, aereoporti etc. Ma anche le mani, le gambe, valige, i passi svelti, possono comunque raccontare quanto uno sguardo. In questa foto mi manca le emozioni delle persone ritratte. C'è un ammasso di siluette, cappelli, cartelli. Tante formichine indistinte. Il punto di ripresa non pare malvagio e quei due in primo piano con il cappello fanno "una bella coppia" e magari avresti potuto indugiare su di loro. Difficilmente sono criticabili scelte di stile così nette come questa. Esasperazione delle alte luci, chiusura delle ombre. Assoluta mancanza di grigi. Sembra una fotocopia. Uno stile che vagamente ricorda Roberto Cicchiné. Vagamente perché nelle sue immagini c'è si l'esasperazione ma anche la ricerca dell'essenziale e dell'armonia delle forme se pur indistinte. Qui di forme ce ne sono un po troppe per tentare la stessa operazione. 
Una cosa carina che avrei fotografato se fossi stato io in quella posizione, in quel luogo? E avessi voluto far questa scelta di stile? Io avrei fotografato il piccolo cartello sulla destra in alto, dove è indicato un "omino" che corre. Avrei utilizzato soltanto quei pochi dettagli scuri che lo circondano e su cui è montato. 

Giacomo Saviozzi

lettura immagini: Giordano Proietti


Per me la "lettura" delle fotografie altrui è sempre stata un momento di riflessione non solo sull'immagine che mi viene proposta ma in particolare sul modo di guardare, osservare la fotografia. Un modo per capire le mie immagini attraverso quelle degli altri.


Guardo con piacere questa foto di Giordano Proietti perché mi ritrovo a dover "scoprire" particolari, oggetti che la compongono. 
Osservo uno skate ( o qualcosa di simile) che con il mosso rimanda immediatamente alla "frenesia" all'idea del precario, e perché no anche all'ignoto di cio' che sta per accadere. Ci si sofferma ad osservare con una certa apprensione gli eventi: è solo? sta cadendo giù seguito dal "ragazzino"? o è soltanto "medium" del l'incedere? Il "movimento" della scalinata, quasi a chiocciola, mi ricorda l'idea "noir" di certi films d'autore. Personalmente avrei contrastato di più e avrei scelto un punto di ripresa da molto più basso. Avrei tenuto al minimo d'altezza lo stativo ( perché immagino, visto i tempi lunghi di ripresa, che ha usato il cavalletto) addirittura avrei provato a immaginarmi una ripresa raso terra. Ma cio', è cio' che avrei fatto io e poco importa. 
Il BeN da forza spesso alle immagini altre volte invece crea un certo "disorientamento". In questo caso poteva anche starci il colore, magari "lavorato" a restituire emozioni. Chiudere molto l'obiettivo per ottenere tempi di posa lunghi, secondo me, ha penalizzato la messa a fuoco rendendo fin troppo nitida la scala e il la sua "via di fuga" forse a fuoco sarebbero bastati gli scalini appena dopo la curva, che ne so la prima panchina. Un contrasto tra moto "frenetico" e "stabilita" "immobilità" dell'attesa. Nel complesso trovo la foto interessante più per un discorso "semantico" che tecnico. Le alte luci, e il punto di ripresa non rendono a mio avviso giustizia ad un "messaggio" interessante. 

Giacomo Saviozzi

Lettura immagini

Da oggi ho deciso di ridar "vita", per quanto mi sia possibile, al blog. Per iniziare intendo proporre alcune letture d'immagini pubblicate sul sito fotografico http://www.micromosso.com 

Alcuni autori nel tempo mi hanno chiesto, nelle pagine del forum del sito, di analizzare, senza peli sulla lingua le loro fotografie.

Adesso ho deciso di riproporle.